Suppl. G.U. n. 62 del 16-3-2005
D.P.C.M. 25 febbraio 2005
Linee Guida per la predisposizione del piano d'emergenza esterna
di cui all'articolo 20, comma 4, del decreto legislativo 17 agosto 1999,
n. 334.
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Vista
la legge 24 febbraio 1992, n. 225, concernente l'istituzione del Servizio
Nazionale di Protezione Civile;
Visto l'art. 5, comma 4-ter, del
decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni,
dalla legge 9 novembre 2001, n. 401;
Visto il documento del 18
gennaio 1994 recante "Linee Guida per la pianificazione di emergenza
esterna per impianti industriali a rischio di incidente
rilevante";
Visto il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334,
recante "Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei
pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze
pericolose" ed, in particolare, l'articolo 20, comma 4, che dispone
affinché il Dipartimento della Protezione Civile stabilisca, d'intesa con
la Conferenza Unificata, per le finalita' di cui alla legge 24 febbraio
1992, n. 225, le Linee Guida per la predisposizione del piano di emergenza
esterna;
Ritenuto, pertanto, necessario aggiornare le Linee Guida
emanate dal Dipartimento della Protezione Civile nel 1994 anche al fine di
dare concreta attuazione al dianzi citato art. 20, comma
4;
Acquisita l'intesa della Conferenza Unificata nella seduta del
13 gennaio 2005; Su proposta del Capo del Dipartimento della Protezione
Civile;
Vista la deliberazione del Consiglio del Ministri del 25
febbraio 2005;
Decreta:
In considerazione di quanto esposto
in premessa sono approvate le Linee Guida per la predisposizione del piano
d'emergenza esterna di cui all'allegato documento, che entra a far parte
integrante del presente decreto.
Il presente decreto sara'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
PIANIFICAZIONE DELL'EMERGENZA ESTERNA DEGLI
STABILIMENTI INDUSTRIALI A RISCHIO D'INCIDENTE RILEVANTE
LINEE
GUIDA
I Premessa
Il Dipartimento della Protezione
Civile, ai sensi dell'art. 20 comma 4 del D.Lgs.334/1999, ha predisposto
il presente documento che rappresenta lo strumento operativo per
l'elaborazione e l'aggiornamento dei Piani di Emergenza Esterna (PEE)
degli stabilimenti industriali a rischio di incidente rilevante di cui
all'art. 8 del citato decreto legislativo. Il documento è indirizzato
agli operatori di settore appartenenti alle Prefetture, alle Regioni e
agli Enti locali della protezione civile che si occupano di pianificazione
d'emergenza nell'ambito della gestione del rischio industriale, nonché ai
gestori degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante per i quali è
previsto l'obbligo della predisposizione del PEE, fatte salve le
disposizioni e le competenze riconosciute alle regioni a statuto speciale
e province autonome di Trento e Bolzano1. Rispetto alla
precedente edizione, emanata dal Dipartimento nel 1994, queste nuove Linee
Guida forniscono gli elementi essenziali per redigere un piano funzionale
per organizzare una risposta efficace a una emergenza causata da un
incidente rilevante che si sviluppi su un territorio antropizzato. Ciò
è stato possibile in quanto la nuova normativa di settore (D.Lgs 334/1999)
è molto più chiara della precedente (D.P.R. 175/88) e impone al gestore,
fra gli altri adempimenti, anche quello di fornire all'Autorità Preposta
(AP) 2 tutti i dati di interesse per predisporre il PEE, con
particolare riguardo alla redazione del Rapporto di Sicurezza e della
Scheda informativa per la popolazione di cui all'allegato V del D.Lgs.
334/99. La redazione del PEE rappresenta un'attività complessa e
articolata sia per gli obiettivi di sicurezza che intende raggiungere che
per il coinvolgimento di diverse Istituzioni competenti. Questa attività
deve essere curata nei dettagli, a partire dalla fase preparatoria, e
costituire un'occasione di promozione di una forma efficace di
partenariato e di sussidiarietà istituzionale. L'AP, quindi, nel corso
della predisposizione del PEE, promuove, con incontri ed esercitazioni, la
conoscenza reciproca tra le strutture e la familiarizzazione tra il
personale addetto nonché testa il livello di conoscenza delle procedure e
delle capacità operative di ciascun soggetto coinvolto. In particolare, al
fine di consolidare il percorso di condivisione delle strategie, delle
modalità di intervento e della gestione delle emergenze tra le
istituzioni, sarebbe opportuno convocare un'apposita Conferenza dei
Servizi, ai sensi dell'art. 15 della legge 241/90 e s.m.i., per concludere
il momento partecipativo in un accordo tra le parti e i soggetti
interessati circa le azioni che si devono porre in essere per fronteggiare
le emergenze. Ciò garantisce non solo l'efficienza delle azioni di
tutti gli Enti coinvolti, ma favorisce il coordinamento delle attività
rendendo gli interventi operativi tempestivi ed efficaci. Inoltre,
visto la specificità del PEE rispetto al territorio, è importante che alle
riunioni partecipino i Sindaci del comune ove è ubicato lo stabilimento e
dei comuni limitrofi, nonché il gestore dello stesso. Quest'ultimo dovrà
assumersi, in tale sede, anche l'impegno di inoltrare tempestivamente
all'AP la comunicazione riguardante l'insorgere di eventi del processo
produttivo che potrebbero ragionevolmente provocare un "quasi incidente" o
un incidente rilevante (con riferimento all'analisi dei rischi sviluppata
nell'ambito del sistema di gestione della sicurezza ex DM 9 agosto
2000). E' auspicabile che il gestore consolidi questo comportamento
affinché, in caso di un evento incidentale, l'AP sia posta in allerta al
fine di avere a disposizione il tempo necessario per attivare il PEE. Ciò
permette di individuare i sistemi di protezione più adeguati da far
assumere alla popolazione per salvaguardarne la salute. Le nuove Linee
Guida si presentano con un testo essenziale nella struttura, di facile
lettura e di agevole consultazione, in quanto sviluppano uno schema di PEE
che, suddiviso per capitoli e argomenti da svolgere, rappresenta la
sintesi del piano da realizzare. Le prime due sezioni dello schema di
piano riguardano gli argomenti già trattati nella maggior parte del PEE
esistenti mentre la sezione denominata "Modello organizzativo
d'intervento" costituisce l'elemento innovativo introdotto da questo
documento. L'attuazione delle procedure passaste in tale modello richiede
affinate capacità organizzative per poter valorizzare le potenzialità di
ogni interfaccia che concorre all'attuazione degli interventi in
emergenza. L'organizzazione per rispondere alle caratteristiche
dell'efficienza deve basarsi su una struttura di comando e controllo, alla
quale confluisce il flusso delle informazioni e dei dati dall'inizio
dell'emergenza alla conclusione degli interventi di messa in sicurezza
degli impianti. Con il presente documento si intende affrontare anche
il tema del linguaggio della pianificazione di emergenza esterna nel
rischio industriale al fine di favorirne l'uniformità sul territorio
nazionale, agevolando le attività di controllo e di coordinamento delle
Amministrazioni centrali e periferiche coinvolte nell'attuazione del
D.Lgs. 334/1999. Si sottolinea, infine, che il presente documento non
intende modificare quanto prodotto in precedenza dall'AP qualora il PEE
sia in grado di assicurare e garantire l'efficacia e l'efficienza, della
propria operatività d'intervento volta a fronteggiare un'emergenza causata
da un incidente rilevante. Questo documento può costituire, altresì, un
utile riferimento per la stesura di un piano di emergenza per altre
attività produttive.
_____________
1 Statuto speciale per il
Trentino Alto Adige, di cui al DPR 31 agosto 1972, n. 670. 2 Prefetto,
salve eventuali diverse attribuzioni derivanti dall'attuazione dell'art.
72 del D.Lgs. 112/98 e dalle normative per le province autonome di Trento
e Bolzano e regioni a statuto speciale. _____________
1.1
EFFICACIA DEL PEE
L'efficacia di un PEE si può valutare in
funzione della capacità di rispondere in modo tempestivo ad una emergenza
industriale senza far subire alla popolazione esposta gli effetti dannosi
dell'evento incidentale atteso ovvero mitigando le conseguenze di esso
attraverso la riduzione dei danni. I requisiti minimi che concorrono a
rendere efficace un PEE riguardano i tre elementi di seguito descritti che
devono essere contemporaneamente presenti nel documento di
pianificazione: - sistemi di allarme - indispensabili per
avvertire la popolazione e i soccorritori del pericolo incombente; -
informazione alla popolazione - effettuata dal Sindaco per rendere
noti tutti i dati relativi alle sostanze pericolose, agli incidenti
rilevanti e agli effetti di questi sulla salute umana nonché alle misure
di autoprotezione e alle norme comportamentali da assumere in caso di
emergenza; - vulnerabilità territoriale - cartografia degli
elementi vulnerabili unitamente ai luoghi ove è necessario inviare con
tempestività i soccorsi. Il livello di protezione attuato dal PEE è
misurabile attraverso la realizzazione di apposite esercitazioni
periodiche che coinvolgano anche la popolazione e testino la validità
delle procedure definite e concordate con i Vigili del Fuoco, il Sindaco e
gli altri soggetti che si devono attivare in emergenza. La premessa
costituisce parte integrante delle presenti linee guida.
II IL
PIANO DI EMERGENZA ESTERNO DEGLI STABILIMENTI A RISCHIO DI INCIDENTE
RILEVANTE E IL COORDINAMENTO CON GLI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE
TERRITORIALE E URBANISTICA
Il perseguimento degli obiettivi
enunciati dal D.Lgs. 334/1999 richiede l'attivazione di un insieme di
attività da parte dei vari soggetti pubblici e privati -indicati nella
norma- al fine di prevenire gli incidenti rilevanti connessi a determinate
sostanze pericolose e di ridurre e mitigare le conseguenze di tali
incidenti sulla salute umana e sull'ambiente. Per minimizzare le
conseguenze provocate da tali eventi incidentali è prevista la redazione
di appositi piani di emergenza: interni (PEI) ed esterni (PEE) allo
stabilimento industriale. I primi sono volti a individuare le azioni da
compiere, in caso di emergenza, da parte del gestore e dei suoi
dipendenti, mentre i PEE organizzano e coordinano azioni e interventi di
tutti i soggetti coinvolti nella gestione degli incidenti rilevanti,
raccordandosi con i PEI. I PEI sono predisposti dai gestori degli
stabilimenti ai sensi dell'art. 11 del D.Lgs. 334/1999, mentre i PEE sono
compito esclusivo dell'AP, ai sensi dell'art. 20 dello stesso
decreto. Il PEE è predisposto dall'AP d'intesa con la Regione e gli
enti locali interessati, previa consultazione della popolazione da
concordare con il Sindaco, fino all'individuazione delle forme di
consultazione di cui all'art.20, comma 6, del D.Lgs. 334/1999. Con
richiamo all'art.20, comma 1, del citato D.Lgs. 334/1999, l'AP trasmette
il PEE, dopo averlo aggiornato alla luce degli indirizzi contenuti nel
presente documento, al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del
Territorio, al Sindaco, alla Regione e alla Provincia competenti per
territorio, al Ministero dell'Interno e al Dipartimento della Protezione
Civile. Il PEE deve essere altresì tempestivamente trasmesso dall'AP al
gestore e ai soggetti coinvolti nella pianificazione, attivazione e
attuazione del piano medesimo. Il PEE rappresenta il documento
ufficiale con il quale l'AP organizza la risposta di protezione civile e
di tutela ambientale per mitigare i danni di un incidente rilevante sulla
base di scenari che individuano le zone a rischio ove presumibilmente
ricadranno gli effetti nocivi dell'evento atteso. Il PEE è costruito con
una serie di dati reperiti presso le regioni e i vari enti locali, nonché
con le informazioni fornite dal gestore odio stabilimento riportate nel
Rapporto di Sicurezza (RdS) e nella Scheda informativa di cui all'allegato
V del D.Lgs. 334/1999 (portata a conoscenza della popolazione a cura del
Sindaco). Il RdS è sottoposto al vaglio del Comitato Tecnico Regionale
(CTR), o dell'organismo equipollente costituito ai sensi della normativa,
che lo esamina e lo valida. Da ciò dipende la classificazione del PEE in
quanto esso è definitivo o provvisorio a seconda che il RdS abbia superato
o meno l'istruttoria e la valutazione tecnica finale del CTR. Il PEE
provvisorio comporta per l'AP l'individuazione di scenari incidentali i
cui dati possono essere dedotti dalle indicazioni fornite direttamente dal
gestore (art. 11 del D.Lgs. 334/1999) e dalla Scheda Informativa alla
popolazione (art. 22 del D.Lgs. 334/1999) oppure utilizzando il sistema di
calcolo proposto con il metodo speditivo di cui all'All.1 del presente
documento nel solo caso di assenza totale dei dati minimi necessari per
elaborare uno scenario incidentale. Il coordinamento tra le
informazioni pertinenti nei PEE e gli strumenti di pianificazione del
territorio, nelle diverse articolazioni. urbanistiche e di protezione
civile, appare utile anche ai fini della migliore gestione del processo di
governo del territorio. A tale proposito il PEE, nella forma
provvisoria, potrebbe essere utilizzato, ad esempio, in assenza
informazioni più certe da parte del RdS, come elemento di supporto alla
determinazione da parte del Sindaco per l'individuazione delle aree
interessate dal regime transitorio relativo ai titoli abilitativi edilizi,
previsto dall'art. 14 del D.Lgs. 334/1999. Viceversa, il PEE definitivo
può essere utilizzato come primo elemento conoscitivo, in assenza di altri
supporti e documenti tecnici, per una preliminare identificazione delle
tematiche di interesse della pianificazione del territorio sulla base del
censimento degli immobili compresi nelle zone a rischio (di sicuro
impatto, di danno, di attenzione), fermo restando che i processi di
pianificazione del territorio sono soggetti alle norme di cui all'art. 14
del D.Lgs. 334/1999 e del DM 9 maggio 2001. Le tre zone a rischio
(previste anche nella sezione 9 della Scheda di informazione alla
popolazione) sono, altresì, oggetto di attenzione da parte del Sindaco il
quale, ai sensi del D.Lgs. 334/1999, oltre ad avere l'obbligo di informare
la popolazione residente sulla natura degli eventuali incidenti, sui loro
effetti e sulle norme comportamentali da assumere, deve tenere conto delle
determinazioni riportate nei PEE ai fini della predisposizione degli
strumenti urbanistici. Per tale motivo è necessario che il PEE sia redatto
con la collaborazione delle Regioni e di tutte le Amministrazioni locali
competenti ivi comprese quelle titolari di compiti inerenti la
pianificazione del territorio. Al proposito, si sottolinea che le
strutture strategiche di protezione civile devono essere ubicate in area
sicura.
III SCHEMA DI PIANO D'EMERGENZA ESTERNA (PEE) DEGLI
STABILIMENTI INDUSTRIALI DI CUI ALL'ART. 8 DEL D.LGS.
334/1999
PARTE GENERALE |
Aggiornamenti, esercitazioni e formazione del
personale |
Descrizione del sito |
|
- inquadramento territoriale, - informazioni sullo
stabilimento, - informazioni sulle sostanze
pericolose utilizzate e stoccate, - elementi territoriali e
ambientali vulnerabili |
SCENARI INCIDENTALI |
Evento |
- Tipologia degli eventi incidentali -
Delimitazione delle zone a rischio - Livelli di protezione -
Valori di riferimento per la valutazione degli effetti -
Descrizione dello scenario incidentale con riferimento agli elementi
sensibili all'interno di ciascuna zona |
MODELLO ORGANIZZATIVO D'INTERVENTO |
Le funzioni di supporto |
L'organizzazione e le procedure |
Sistemi di allarme e flusso della comunicazione |
Definizione dei livelli di allerta |
Le comunicazioni |
Gestione post-emergenza |
|
- la Sala Operativa H24, - Viabilità: vie di accesso dei
mezzi di soccorso e di deflusso, cancelli e percorsi
alternativi, - L'evacuazione assistita |
- Dislocazione dei sistemi di allarme, - Gestione
e manutenzione dei sistemi di allarme |
|
|
|
SEZIONE RISERVATA ALL'INFORMAZIONE ALLA
POPOLAZIONE |
- campagna informativa preventiva - riproduzione
della scheda informativa di cui all'allegato V del D.Lgs.
334/1999 - il messaggio informativo preventivo e in
emergenza |
SEZIONE CARTOGRAFICA: questa sezione deve
contenere le cartografie indicate nel testo per i diversi elementi
territoriali e organizzativi. |
IV PARTE GENERALE
IV.1 AGGIORNAMENTI,
ESERCITAZIONI E FORMAZIONE DEL PERSONALE
L'art. 20 del D.Lgs.
334/1999 stabilisce che il PEE debba essere riesaminato, sperimentato e,
se necessario, riveduto ed aggiornato ad intervalli appropriati e,
comunque, non superiori a tre anni. La revisione deve tener conto delle
modifiche dello stabilimento e delle sue condizioni di sicurezza,
intervenute anche a seguito dell'applicazione delle misure tecniche
complementari di cui all'art. 14, comma 6 del D. Lgs. 334/1999, e delle
azioni di riduzione della vulnerabilità territoriale e ambientale, operata
tramite l'attuazione di politiche di governo del territorio e dei relativi
strumenti nelle aree a rischio di incidente rilevante. La revisione e
gli aggiornamenti del PEE devono essere resi noti alla Regione e agli Enti
locali interessati e comunicati al Ministero dell'Ambiente e della Tutela
del Territorio e al Dipartimento della Protezione Civile nonché agli altri
soggetti coinvolti, già in possesso della precedente versione del
PEE. Si sottolinea la necessità di garantire l'aggiornamento dei dati e
delle informazioni presenti nel PEE, inserendo all'interno dello stesso le
procedure e i soggetti responsabili deputati alla raccolta e diffusione
dei dati relativi alle diverse sezioni del documento. La
sperimentazione del PEE costituisce un elemento innovativo introdotto dal
D.Lgs. 334/1999 e avviene attraverso esercitazioni che testano le
procedure di attivazione delle strutture operative, la capacità operativa
delle componenti istituzionali e di alcuni settori socio-economici come
scuole, ospedali, supermercati, ecc. presenti nelle zone a rischio. Al
fine di garantire una frequenza adeguata ed uno standard addestrativo
soddisfacente è opportuno prevedere esercitazioni di complessità
differenziata, ovvero strutturate su livelli diversi di attivazione delle
risorse e coinvolgimento delle strutture operative e della popolazione. In
questa ottica si potranno organizzare esercitazioni per "posti comando"
(senza il coinvolgimento di personale, di mezzi operativi e della
popolazione), esercitazioni congiunte (senza il coinvolgimento della
popolazione) ed esercitazioni su scala reale. La riuscita di una
esercitazione dipende dal livello d'informazione e di addestramento del
personale preposto alla gestione dell'emergenza e dal livello di
informazione pubblica effettuata su questa tematica. Sarebbe quindi
opportuno prevedere più riunioni per verificare i risultati e scambiare le
esperienze dei partecipanti a! fine di evidenziare le
criticità.
IV.2 DESCRIZIONE DEL SITO
Il territorio di
riferimento per la redazione di un PEE dev'essere descritto a partire da
almeno tre componenti che sono dettagliate nel seguito: - Inquadramento
territoriale, - Informazioni sullo stabilimento, - Elementi
territoriali e ambientali vulnerabili. Le suddette informazioni sono
caratterizzate da diversa estensione in funzione del loro
utilizzo.
Inquadramento territoriale
Il PEE deve
contenere un inquadramento del sito che si compone di una parte
descrittiva, il più possibile schematica, e una parte grafica, contenenti
almeno le seguenti informazioni.
Contenuti della parte
DESCRITTIVA: - Coordinate geografiche e chilometriche dell'area dello
stabilimento; - Caratteristiche geomorfologiche dell'area
interessata; - Altezza sul livello del mare; - Censimento dei corsi
d'acqua e delle risorse idriche profonde che interessano l'area suddetta
(elementi utili a definire la vulnerabilità del ricettore ambientale e la
possibilità che il corso d'acqua rappresenti un veicolo di propagazione di
un eventuale inquinamento); - Descrizione dettagliata delle strutture
strategiche e rilevanti interessate dagli effetti incidentali; -
Infrastrutture stradali, ferroviarie, aeroportuali, portuali; - Reti
tecnologiche di servizi (reti elettriche, metanodotti, ecc.). - Dati
meteoclimatici disponibili (forniti dalle stazioni meteo eventualmente
presenti nello stabilimento o sul territorio); - Rischi naturali del
territorio (è necessario effettuare un'analisi del territorio in relazione
alla presenza dei rischi naturali in quanto possibili eventi iniziatori di
incidenti rilevanti - in particolare rischio idrogeologico -fasce PAI-,
sismico e vulcanico-).
Contenuti della PARTE GRAFICA: -
Cartografia georeferenziata dell'area in scala appropriata, 1:10.000 o di
maggior dettaglio, ove siano riportati l'area industriale oggetto della
pianificazione di emergenza e tutti gli elementi territoriali, fisici e
antropici elencati nella parte descrittiva. - Stralcio del piano
urbanistico comunale e provinciale dove presente.
Informazioni
sullo stabilimento
Questa tipologia di dati è di fondamentale
importanza per poter stabilire le caratteristiche dei pericoli a cui
potrebbe essere esposta la popolazione residente in una determinata
zona.
Dati sull'azienda Nel PEE è opportuno che siano inserite
almeno le seguenti informazioni: - la ragione sociale delle
stabilimento, - i recapiti del gestore dell'impianto e del responsabile
della sicurezza, ovvero del responsabile per l'attuazione del Piano di
Emergenza Interno o comunque la figura allo scopo delegata dal gestore
nell'ambito del proprio PEI, - la tipologia dell'azienda, - la
viabilità interna, i punti di ingresso, i punti di raccolta, le mappe
delle reti tecnologiche (i punti eh intercettazione della rete fognaria
interna allo stabilimento, gli spazi di manovra per il personale dei VVF,
i pozzi interni, ecc.).
Dati sugli impianti e/o depositi e del
processo produttivo Sono informazioni necessarie per valutare la
pericolosità dell'attività e in caso di incidente favoriscono la
localizzazione dell'unità di impianto origine dell'incidente. È
necessario allegare la planimetria dello stabilimento con l'indicazione
delle singole unità di impianto.
Informazioni sulle sostanze
pericolose utilizzate e stoccate
Per ogni sostanza pericolosa
presente nello stabilimento, dev'essere predisposto e allegato al PEE un
documento di sintesi contenente almeno i seguenti elementi (desumibili
dalla Scheda di informazione alla popolazione, dal RdS e dalla scheda di
sicurezza delle sostanze): - la quantità massima presente nello
stabilimento (presente anche solo una volta all'anno), - le proprietà
tossicologiche e chimico-fisiche (funzionati a stabilirne il comportamento
in caso di fuoriuscita e/o combustione ivi compresi i gas/vapori che si
possono generare in caso di incendio) - i sistemi di detenzione e/o
utilizzo - i mezzi estinguenti - i DPI idonei all'avvicinamento in
sicurezza - eventuali antidoti in caso di
esposizione.
Elementi territoriali e ambientali
vulnerabili
Per i fini utili al PEE l'elemento territoriale
vulnerabile può essere sufficientemente caratterizzato dai seguenti
elementi: destinazione d'uso, numero utenti permanentemente residenti,
numero frequentatori, orario d'uso, luogo aperto o chiuso, elementi
aggiuntivi di vulnerabilità. I dati raccolti o censiti dovranno essere
rappresentati su una carta di dettaglio in scala opportuna (1:10.000 o di
maggior dettaglio), che andrà a costituire la raccolta delle carte
tematiche da sovrapporre con le aree a rischio individuate per ciascuno
scenario incidentale preso a riferimento. I dati e le informazioni da
individuare sono quelli relativi agli insediamenti e alle infrastrutture
presenti all'interno delle aree potenzialmente interessate dagli incidenti
rilevanti e comunque con un'estensione non inferiore al raggio di 1 Km
dallo stabilimento.
Distribuzione qualitativa e quantitativa del
dato demografico È importante acquisire il dato demografico della
popolazione comunale con la distribuzione di dettaglio nelle zone a
rischio con l'indicazione dell'eventuale presenza di soggetti che
necessitano di attenzioni particolari in caso di emergenza (diversamente
abili, anziani, bambini, ecc.)3. Ciò permette in caso di una
emergenza di programmare l'intervento e di organizzare, se necessario, la
gestione dell'evacuazione, il reperimento dei mezzi di trasporto e le
risorse da adibire all'assistenza della popolazione
colpita.
____________
3 La suddivisione della
popolazione in classi di età può essere effettuata sulla base del seguente
criterio: bambini <15 anni, anziani > 65
anni. ____________
Censimento dei centri sensibili e
infrastrutture critiche Significa reperire i dati relativi alla
localizzazione di ospedali, scuole, asili, case di riposo, uffici, centri
commerciali, cinema, teatri, musei, chiese, campeggi, stadi, palestre,
strutture utilizzate per scopi di protezione civile e altri luoghi con
consistente affluenza di pubblico. Inoltre, è necessario riportare le
attività produttive presenti nelle zone a rischio che potrebbero essere
coinvolti nello scenario incidentale con effetto domino. Si raccomanda
di riportare accanto a ciascun elemento sensibile l'indirizzo e il
recapito telefonico di un responsabile della sicurezza o di un
referente.
Censimenti delle zone agricole, degli allevamenti, delle
aree e colture protette L'importanza di acquisire queste informazioni è
in relazione a scenari incidentali con rilascio di sostanze tossiche nelle
diverse matrici ambientali. È opportuno ricordare che in tali situazioni
il Sindaco e/o l'AP in caso di accertato inquinamento devono vietare la
raccolta e il consumo dei prodotti provenienti da tali luoghi (dati del
Comune e Provincia).
Censimento delle risorse idriche superficiali
e profonde. Tra le componenti ambientali le risorse idriche
superficiali e profonde rappresentano quelle di maggior interesse per
l'emergenza causata da un incidente rilevante. Il dato censito è
utilizzato in caso di un rilascio di sostanza tossica e/o pericolosa per
l'ambiente che potrebbe provocare l'inquinamento delle acque. In tal caso
è necessario che l'AP adotti i provvedimenti di rito per vietarne
l'immediato utilizzo e per limitare il propagarsi dell'inquinamento. Va
tenuto presente che l'analisi della vulnerabilità territoriale e
ambientale viene effettuata anche nel caso di predisposizione di una
variante agli strumenti territoriali e urbanistici con le modalità e i
requisiti minimi di cui al DM 9 maggio 2001. Nell'allegato al predetto
decreto, rispettivamente ai punti 6.1.1. e 6.1.2., sono individuati gli
elementi territoriali e ambientali che, di norma, devono essere presi in
considerazione ai fini della predisposizione dello strumento di
pianificazione delle zone interessate dalle aree di danno, per la
conseguente verifica di compatibilità territoriale e ambientale dello
stabilimento con il contesto circostante. Qualora tale analisi sia già
stata effettuata, ovvero vi sia la possibilità che venga attivata la
procedura di variante urbanistica, è opportuno che le Autorità competenti
(AP e Amministrazione Provinciale o Comunale) mettano a fattor comune ogni
indicazione disponibile, in quanto gli strumenti di pianificazione del
territorio e quelli di pianificazione dell'emergenza possono utilmente
condivide re l'analisi della vulnerabilità, fermi restando gli specifici e
differenti obiettivi di detti strumenti.
V SCENARI
INCIDENTALI
Lo scenario incidentale rappresenta l'interazione
dell'evento incidentale con il territorio e le relative componenti
territoriali. Gli eventi incidentali sono individuati dal gestore
nell'ambito della redazione del RdS e sono dallo stesso riportati nella
Sezione 5^ della Scheda di Informazione per la popolazione mentre nella
Sezione 9^ sono individuati la tipologia di evento e le tre zone a rischio
(di sicuro impatto, di danno e di attenzione). La descrizione
dello scenario incidentale riporta i dati del RdS, della Scheda di
informazione alla popolazione e dei documenti prodotti a conclusione
dell'istruttoria. In assenza dei documenti sopra citati, l'AP può
contattare direttamente il gestore e richiedere i seguenti elementi: a)
descrizione degli eventi incidentali di riferimento (tipologie
dell'evento: incendio, esplosione, rilascio di sostanze tossiche e/o
pericolose per l'ambiente); b) sostanze coinvolte (loro condizioni di
utilizzo e quantità); c) valutazione delle conseguenze: aree a rischio
e misure di protezione; d) rappresentazione delle aree di rischio su
cartografia in scala adeguata al fine di individuare gli elementi
sensibili (1:10000 o di maggior dettaglio). In totale mancanza di dati
e di notizie del gestore o per confrontare le informazioni pervenute, l'AP
può predispone scenari di evento utilizzando il metodo speditivo presente
in questo documento (All.1).
V.1 EVENTO
Tipologia
degli eventi incidentali
Gli eventi incidentali che si
originano all'interno degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante
possono essere classificati in base agli effetti dovuti ai rilasci di
energia (incendi, esplosioni) e di materia (nube e rilascio
tossico)4.
_____________
4 In presenza
di un elevato numero di scenari incidentali, è possibile individuare degli
scenari incidentali "di riferimento", anziché riportare tutti gli scenari
ipotizzati nel Rapporto di Sicurezza (RdS), scendendo nel particolare di
ciascuno di essi in termini di aree di danno ed elementi vulnerabili
potenzialmente a rischio. Gli scenari possono essere accorpati per
tipologia (energetica o tossicologica) o per scenari omologhi (stessa
tipologia di evento con sostanze pericolose con analoga classificazione di
sicurezza). _____________
EFFETTI |
EVENTI |
Irraggiamento |
Incendi Pool-fare (incendio di pozza di liquido
infiammabile rilasciato sul terreno) Jet-fare (incendio di
sostanza infiammabile in pressione che fuoriesce da un contenitore)
Flash-fare (innesco di una miscela infiammabile lontano dal punto di
rilascio con conseguente incendio) Fireball (incendio
derivante dall'innesco di un rilascio istantaneo di gas
liquefatto infiammabile - ad esempio provocato dal BLEVE) |
Sovrappressione |
Esplosione: CE5 (esplosione di una miscela
combustibile-comburente all'interno di uno spazio chiuso -
serbatoio o edificio) UVCE6 (esplosione di una miscela
in uno spazio) Bleve7 (conseguenza dell'improvvisa
perdita di contenimento di un recipiente in pressione contenente
un liquido infiammabile surriscaldato o un gas liquefatto:
gli effetti sono dovuti anche allo scoppio del contenitore con
lancio di frammenti) |
Tossicità |
Rilascio di sostanze pericolose per l'uomo e per
l'ambiente: dispersione di una sostanza tossica nell'ambiente o
di un infiammabile non innescato i cui effetti variano in base
alle diverse proprietà tossicologiche della sostanza
coinvolta. Nella categoria del rilascio tossico può rientrare
anche la dispersione dei prodotti tossici della combustione
generati a seguito di un incendio in quanto i fumi da
esso provocati sono formati da una complessa miscela gassosa
contenente particolato, prodotti di decomposizione e di
ossidazione del materiale incendiato, gas tossici,
ecc.. |
___________
5 Confined Explosion 6
Unconfined Vapour Cloud Explosion 7 Boiling Liquid Expanding
Vapour Explosion ___________
Delimitazione delle zone a
rischio
Gli effetti di un evento incidentale di natura chimica
ricadono sul territorio con una gravità di norma decrescente in relazione
alla distanza dal punto di origine o di innesco dell'evento, salvo
eventuale presenza di effetto domino. In base alla gravità, il territorio
esterno allo stabilimento, oggetto di pianificazione, è suddiviso in zone
à rischio di forma generalmente circolare (salvo caratterizzazioni
morfologiche particolari) il cui centro è identificato nel punto di
origine dell'evento. La misurazione e la perimetrazione di tali zone è
individuata attraverso l'inviluppo di dati forniti dai gestori degli
stabilimenti per la redazione degli scenari incidentali da inserire nel
RdS e valutati dal CTR. L'AP, che ha il compito di predispone il PEE
nelle porzioni di territorio esterne allo stabilimento che risultano
coinvolte dalla ricaduta degli effetti nocivi di un incidente industriale,
utilizza per la loro individuazione le informazioni del gestore, quelle
della Scheda Informativa di cui all'allegato V del D. Lgs. 334/1999 o, in
assenza di queste, il metodo speditivo allegato. La suddivisione delle
aree a rischio ripropone il modello rappresentato nelle vecchie Linee
Guida, per cui si avrà: - Prima Zona "di sicuro impatto":
(soglia elevata letalità) immediatamente adiacente allo stabilimento.
Caratterizzata da effetti comportanti una elevata letalità per le persone.
In questa zona l'intervento di protezione da pianificare consiste, in
generale, nel rifugio al chiuso. Solo in casi particolari (incidente
non in atto ma potenziale e a sviluppo prevedibile oppure rilascio tossico
di durata tale da rendere inefficace il rifugio al chiuso), ove ritenuto
opportuno e tecnicamente realizzabile, dovrà essere prevista l'evacuazione
spontanea ò assistita della popolazione. Tale eventuale estremo
provvedimento, che sarebbe del resto facilitato dalla presumibile e
relativa limitatezza dell'area interessata, andrà comunque preso in
considerazione con estrema cautela e solo in circostanze favorevoli. In
effetti una evacuazione con un rilascio in atto porterebbe, salvo casi
eccezionali e per un numero esiguo di individui, a conseguenze che
potrebbero rivelarsi ben peggiori di quelle che si verrebbero a
determinare a seguito di rifugio al chiuso. Data la fondamentale
importanza ai fini della protezione che in questa zona riveste il
comportamento della popolazione, dovrà essere previsto un sistema di
allarme che avverta la popolazione dell'insorgenza del pericolo ed
un'azione di informazione preventiva particolarmente attiva e
capillare. - Seconda zona "di danno": (soglia lesioni
irreversibili) esterna alla prima, caratterizzata da possibili danni,
anche gravi ed irreversibili, per le persone che non assumono le corrette
misure di autoprotezione e da possibili danni anche letali per persone più
vulnerabili come i minori e gli anziani. In tale zona, l'intervento di
protezione principale dovrebbe consistere, almeno nel caso di rilascio di
sostanze tossiche, nel rifugio al chiuso. Un provvedimento quale
l'evacuazione infatti, risulterebbe difficilmente realizzabile, anche in
circostanze mediamente favorevoli, a causa della maggiore estensione
territoriale. Del resto in tale zona, caratterizzata dal raggiungimento di
valori d'impatto (concentrazione, irraggiamento termico) minori, il
rifugio al chiuso risulterebbe senz'altro di efficacia ancora maggiore che
nella prima zona. - Terza zona "di attenzione": caratterizzata
dal possibile verificarsi di danni, generalmente non gravi anche per i
soggetti particolarmente vulnerabili oppure da reazioni fisiologiche che
possono determinare situazioni di turbamento tali da richiedere
provvedimenti anche di ordine pubblico. La sua estensione dev'essere
individuata sulla base delle valutazioni delle autorità
locali8. L'estensione di tale zona non dovrebbe comunque
risultare inferiore a quella determinata dall'area di inizio di possibile
letalità nelle condizioni ambientali e meteorologiche particolarmente
avverse (classe di stabilità meteorologica F). Nel caso del rilascio di
sostanze tossiche facilmente rilevabili ai sensi, ed in particolare di
quelle aventi caratteristiche fortemente irritanti, occorre porre
specifica attenzione alle conseguenze che reazioni di panico potrebbero
provocare in luoghi particolarmente affollati (stadi, locali di
spettacolo, ecc.). Tipicamente in questa zona rimane consigliabile il
rifugio al chiuso (eventualmente dovranno essere previsti solamente
interventi mirati ai punti di concentrazione di soggetti particolarmente
vulnerabili ) e azioni di controllo del traffico. Le aree di interesse
per l'organizzazione delle attività di pianificazione, inoltre, devono
essere definite a partire dai cerchi di danno individuati nel RdS
(eventualmente ricalcolati sulla base delle prescrizioni individuate dal
CTR in seguito alla conclusione dell'istruttoria tecnica) ma possono
essere più ampie, e mai inferiori, ai cerchi di danno stessi nel caso di
particolari vulnerabilità territoriali. A tali aree infatti, non devono
corrispondere direttamente zone di danno, ma specifiche azioni di
intervento e soccorso per i diversi Enti coinvolti nell'attuazione del
Piano.
_____________
8 In particolare, per un
rilascio tossico, in assenza di informazioni, desunte dal RdS valutato dal
CTR, la terza zona può essere convenzionalmente assunta pari al doppio
della distanza della seconda zona dal centro di pericolo, laddove non
possano essere utilizzate soglie di riferimento reperibili in letteratura
quali ad es. ERPG3, TLV TWA, LOC, ecc.. _____________
V.2
LIVELLI DI PROTEZIONE - VALORI DI RIFERIMENTO PER LA VALUTAZIONE DEGLI
EFFETTI
Nella tabella seguente sono riportati i valori di
riferimento per la valutazione degli effetti in base ai quali vengono
determinate le zone di pianificazione. In particolare: - la
delimitazione della prima zona è determinata dai parametri riportati nella
colonna denominata di sicuro impatto (elevata letalità); - la
delimitazione della seconda zona è determinata dai parametri riportati
nella colonna denominata di danno (lesioni irreversibili); - la
determinazione della terza zona di pianificazione (denominata di
attenzione), esterna ai limiti della seconda, è necessariamente demandata
ad una valutazione specifica da compiersi sulla base della complessità
territoriale. In tal senso l'AP, avvalendosi delle competenze tecniche
disponibili ed in collaborazione con il gestore, provvederà
all'individuazione dei elementi vulnerabili che potrebbero venir
interessati dagli scenari incidentali individuati.
Valori di
riferimento per la valutazione degli effetti*
Fenomeno fisico |
Zone ed effetti caratteristici |
di sicuro impatto - Elevata letalità |
di danno - Lesioni irreversibili |
Esplosioni (sovrappressione di picco) |
0.3 bar 0,6 bar spazi aperti |
0,07 bar |
BLEVE/Sfera di fuoco (radiazione termica variabile) |
raggio fireball |
200 KJ/m2 |
Incendi (radiazione termica stazionaria) |
12,5 kW/m2 |
5 kW/m2 |
Nubi vapori infiammabili |
LFL |
0,5 x LFL |
Nubi vapori tossici |
LC50 (30 min,hmn) |
IDLH |
Legenda
LFL Limite inferiore di infiammabilità LC5O
Concentrazione di sostanza tossica, letale per inalazione nel 50% dei
soggetti esposti per 30 minuti IDLH Concentrazione di sostanza tossica
fino alla quale l'individuo sano, in seguito ad esposizione di 30 minuti,
non subisce per inalazione danni irreversibili alla salute e sintomi tali
da impedire l'esecuzione delle appropriate azioni protettive
(*)
NOTE ALLA TABELLA
1) Esplosioni/UVCE I valori di soglia
indicati tengono conto solo degli effetti diretti dell'onda di pressione
sull'organismo umano. Nel caso in cui siano presenti nell'area d'impatto
edifici e altri manufatti vulnerabili, occorre peraltro tenere conto anche
di effetti indiretti quali crollo delle strutture o edifici
(indicativamente fino a distanze corrispondenti a 0,3 bar) ovvero rottura
significativa di vetri con proiezione di frammenti (indicativamente fino a
distanze corrispondenti a 0,03 bar). Per quanto riguarda i danni
materiali, da considerarsi ai fini di un possibile effetto domino diretto,
si può prendere a riferimento il valore di soglia di 0,3 bar
corrispondente al possibile danneggiamento a strutture pesanti,
apparecchiatura di processo, serbatoi e tubazioni.
2)
BLEVE/Sfera di fuoco I valori di soglia indicati rappresentano la
dose termica assorbita (Dose = potenza incidente x durata) e corrispondono
alla possibilità di subire il danno indicato da parte di persone non
dotate di specifica protezione individuale. Ove il fabbricante fornisca
il valore medio di irraggiamento espresso in kW/m2 è
sufficiente moltiplicarlo per la durata del fireball per ottenere il
valore atteso di dose termica da confrontare con il valore di soglia. Per
quanto riguarda i danni materiali, da considerarsi ai fini di un possibile
effetto domino diretto, si possono prendere a riferimento le tipiche
distanze entro cui si verifica la proiezione della maggior parte dei
frammenti di dimensioni significative, pari a 100 metri nel caso delle
unità di imbombolamento e relativo immagazzinamento, 500 metri per
serbatoi di stoccaggio sferici e 800 metri per serbatoi di stoccaggio
cilindrici.
3) Incendi I valori di soglia per danni alle
persone, in assenza di specifica protezione individuale, tengono conto
della possibilità per l'individuo di sottrarsi in tempo utile al campo di
irraggiamento, considerate le distanze ridotte che sono interessate, senza
subire danni che impediscano la reazione di fuga. Per quanto riguarda i
danni materiali, da considerarsi ai fini di un possibile effetto domino
diretto, può essere preso a riferimento il valore di soglia pari a 12,5
kW/m2. Tale valore corrisponde al possibile danneggiamento dei
serbatoi atmosferici ovvero al collasso termico per quelli pressurizzati
per esposizioni prolungate.
4) Nubi vapori infiammabili/Flash
fire Data l'estrema brevità del fenomeno, si assume che effetti
letali possano presentarsi solo nell'area di sviluppo fisico della fiamma.
I valori di soglia tengono conto anche della possibile disuniformità della
nube infiammabile, che può peraltro originare sacche isolate e localizzate
di fiamma anche a distanze maggiori di quelle corrispondenti al limite
inferiore di infiammabilità.
5) Nubi di vapori tossici I
valori di soglia indicati, sia per la prima zona che per la seconda zona,
si riferiscono alla concentrazione a cui verrebbe sottoposto un individuo
stazionante all'aperto per un tempo dell'ordine dei 30 minuti. Tale
situazione dovrebbe essere considerata mediamente, ma non sempre, come
conservativa. In realtà, qualora il tempo effettivo di esposizione dovesse
variare significativamente, occorrerebbe assumere un valore di soglia
congruentemente diverso. In particolare, i tempi di esposizione che si
verificano mediamente nella pratica possono essere significativamente
inferiori (sia per la durata tipicamente minore del rilascio o del
passaggio della nube, sia per la possibilità del rifugio al chiuso per il
quale sussiste una certa mitigazione, almeno per durate non eccessivamente
prolungate). Viceversa la durata effettiva di esposizione potrebbe
risultare superiore ad esempio nei casi in cui si possa avere la
formazione di pozza evaporante per rilascio di liquido tossico
relativamente volatile.
N.B. I possibili danni alle
strutture sono valutati sulla base del superamento dei valori di soglia
espressi nella Tabella 2 - Valori di soglia di cui allegato al DM 9 maggio
2001 relativo ai "Requisiti minimi di sicurezza in materia di
pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da
stabilimenti a rischio di incidente rilevante".
V.3 DESCRIZIONE
DELLO SCENARIO INCIDENTALE CON RIFERIMENTO AGLI ELEMENTI SENSIBILI
ALL'INTERNO DI CIASCUNA ZONA.
Le aree di estensione degli
effetti dell'evento incidentale devono essere riportate, eventualmente
sotto forma di curve di inviluppo, sulla cartografia del sito e
sovrapposte con le carte tematiche o di dettaglio riproducenti gli
elementi vulnerabili. E' consigliabile assumere valori di scala diversi
per individuare l'estensione delle zone a rischio in relazione alle varie
tipologie di effetti attesi (irraggiamento, sovrappressione, esposizione a
sostanze tossiche). Ciò è dovuto al fatto che gli effetti
dell'irraggiamento e della sovrappressione sono solitamente contenuti in
una porzione di territorio ridotta rispetto a quella prevista per un
rilascio tossico che potrebbe raggiungere distanze notevoli dal luogo
dell'incidente.
VI MODELLO ORGANIZZATIVO
D'INTERVENTO
L'incidente rilevante, definito dalla norma come
"un evento quale un'emissione, un incendio o un'esplosione di grande
entità, dovuto a sviluppi incontrollati che si verificano durante
l'attività di uno stabilimento e che dia luogo a un pericolo grave,
immediato o differito, per la salute umana o per l'ambiente, all'interno o
all'esterno dello stabilimento e in cui intervengano una o più sostanze
pericolose", è un evento che richiede urgenti provvedimenti di difesa per
la popolazione e tutela dell' ambiente e, quindi, tempestivi e qualificati
interventi per fronteggiarlo. L'attivazione di un PEE, approvato
dall'AP e notificato ai soggetti interessati, comporta l'avvio automatico
delle procedure da esso individuate.
VI.1 LE FUNZIONI DI
SUPPORTO
Il modello organizzativo, proposto nelle presenti
linee guida, prevede l'utilizzo delle Funzioni di Supporto nella
predisposizione del PEE con il vantaggio di snellire il piano stesso e
rendere più tempestive le risposte operative da attivare in caso di
emergenza. Nel rischio industriale non è necessario attivare tutte le
funzioni previste nel Metodo Augustus (pubblicato su "DPC Informa" n. 4 di
maggio-giugno 1997) in quanto potrebbe essere più funzionale utilizzare
solo quelle che effettivamente risultano necessarie, poiché sono state
individuate in relazione ad una specifica organizzazione della struttura
di comando e controllo. Le procedure riportate nel PEE attivano le
pianificazioni discendenti di ogni singola funzione di supporto e/o di
altri soggetti interessati all'emergenza. Le funzioni devono, quindi,
essere definite in relazione alle caratteristiche dell'evento incidentale
e ad altre esigenze organizzativo-gestionali. In allegato 2 si
riportano i compiti delle funzioni di supporto, unitamente ad alcune
integrazioni e modifiche sviluppate ad hoc per il rischio
industriale. Ogni singola funzione è rappresentata da un responsabile,
designato dalla propria organizzazione su richiesta dell'AP, che censisce
e acquisisce in "tempo di pace" le risorse, predispone un piano di
funzione e le relative procedure. In emergenza è questo rappresentante che
riveste il ruolo di esperto della funzione di riferimento. I
responsabili di ciascuna funzione devono essere individuati con atto
formale nel corso della predisposizione del PEE e si devono assumere
l'obbligo di aggiornare i dati del proprio piano.
VI.2
L'ORGANIZZAZIONE E LE PROCEDURE
In sede di pianificazione è
necessario concordare una gradualità dei livelli di allerta a cui devono
essere collegati, con specifiche procedure di intervento, distinti flussi
comunicativi tra i soggetti preposti alla gestione dell'emergenza e tra
questi e l'esterno. Inoltre, per facilitare e minimizzare i tempi di
intervento è necessito individuare in "tempo di pace" i mezzi e i
materiali eventualmente necessari sulla base della natura dei rischi; a
tal fine può essere opportuno stipulare convenzioni ad hoc con le
componenti pubbliche e private in grado di offrire servizi e personale
adeguati in relazione alla tipologia e all'evoluzione degli eventi
incidentali.
La Sala Operativa h24
L'attivazione del
PEE è supportato da una struttura permanente, in funzione h24, che può
essere individuata con una tra quelle già operanti sul territorio. Le
gestione dell'emergenza deve prevedere l'attivazione delle funzioni di
supporto che possono confluire nella sede individuata nel PEE
opportunamente attrezzata per seguire l'evoluzione dell'evento
incidentale.
Viabilità: vie di accesso dei mezzi di soccorso e
di deflusso, cancelli e percorsi alternativi
Settore strategico
della pianificazione è quello relativo alla viabilità che deve essere
analizzata e organizzata con i rappresentanti degli enti preposti per
consentire un rapido isolamento delle zone a rischio o già interessate
dagli effetti dell'evento incidentale. Si dovranno individuare: - i
punti nodali in cui deviare o impedire il traffico, attraverso l'utilizzo
di posti di blocco o cancelli, al fine di interdire l'afflusso di traffico
nelle zone a rischio e agevolare la tempestività degli interventi, anche
in relazione all'evoluzione dell'evento; - i percorsi alternativi per
la confluenza sul posto dei mezzi di soccorso; - i percorsi
preferenziali attraverso i quali far defluire la popolazione eventualmente
evacuata (vie di fuga). Nel PEE i risultati dell'analisi sulla
viabilità locale, e quindi l'individuazione dei posti di blocco, dei
cancelli, dei percorsi alternativi e delle vie di fuga (di cui la
popolazione deve essere a conoscenza) deve essere riportata su idonea
cartografia.
L'evacuazione assistita
Gli elementi
indispensabili per rendere efficace e tempestiva l'evacuazione assistita
riguardano il reperimento dei mezzi di trasporto adeguati e del personale
qualificato addestrato ad assistere la popolazione in situazioni di
emergenza, nonché l'individuazione e l'allestimento di strutture di
ricovero ove far confluire la popolazione sinistrata.
VI.3
SISTEMI DI ALLARME E FLUSSO DELLA COMUNICAZIONE
I sistemi di
allarme costituiscono un requisito essenziale per rendere efficace il PEE
in termini di risposta all'emergenza di natura
industriale.
Dislocazione dei sistemi di allarme
Ogni
realtà industriale possiede un proprio sistema di allarme che in sede di
pianificazione è necessario individuare e provare al fine di comprendere
se lo stesso possa essere utilizzato anche per allenare la popolazione, in
considerazione della sua distribuzione territoriale. In caso di mancanza,
insufficienza e/o inadeguatezza di tali sistemi è necessario concordare
con il gestore dell'impianto l'acquisizione di strumenti più idonei, atti
a garantire la diffusione del segnale di allarme. La dislocazione dei
sistemi di allarme può essere riportata sulla cartografia delle zone a
rischio. In presenza di più attività produttive sullo stesso territorio è
necessario che i segnali di allarme siano uguali per tutti gli
stabilimenti.
Gestione e manutenzione dei sistemi di
allarme
Data l'importanza del corretto funzionamento dei
dispositivi di allarme per una tempestiva attivazione delle azioni di
protezione civile volte a fronteggiare con efficacia l'evento incidentale,
è necessario che il soggetto proprietario, o colui che ha in gestione tali
strumenti, ne assicuri l'efficienza nel tempo. In ogni caso, è opportuno
prevedere dei sistemi alternativi di allarme.
VI.4 DEFINIZIONE
DEI LIVELLI DI ALLERTA
La distinzione in livelli di allerta ha
lo scopo di consentire ai Vigili del Fuoco di intervenire fin dai primi
momenti, e all'AP il tempo di attivare, in via precauzionale, le misure di
protezione e mitigazione delle conseguenze previste nel PEE per
salvaguardare la salute della popolazione e la tutela
dell'ambiente.
I livelli di allerta sono:
-
ATTENZIONE Stato conseguente ad un evento che, seppur privo di
qualsiasi ripercussione all'esterno dell'attività produttiva per il suo
livello di gravità, può o potrebbe essere avvertito dalla popolazione
creando, così, in essa una forma incipiente di allarmismo e preoccupazione
per cui si rende necessario attivare una procedura informativa da parte
dell'Amministrazione comunale. In questa fase, il gestore informa l'AP
e gli altri soggetti individuati nel PEE in merito agli eventi in corso,
al fine di consentir ne l'opportuna gestione.
-
PREALLARME Si instaura uno stato di «preallarme» quando l'evento,
pur sotto controllo, per la sua natura o per particolari condizioni
ambientali, spaziali, temporali e meteorologiche, possa far temere un
aggravamento o possa essere avvertito dalla maggior parte della
popolazione esposta, comportando la necessità di attivazione delle
procedure di sicurezza e di informazione. Tali circostanze sono
relative a tutti quegli eventi che, per la vistosità o fragorosità dei
loro effetti (incendio, esplosione, fumi, rilasci o sversamenti di
sostanze pericolose), vengono percepiti chiaramente dalla popolazione
esposta, sebbene i parametri fisici che li caratterizzano non raggiungano
livelli di soglia che dalla letteratura sono assunti come pericolosi per
la popolazione e/o l'ambiente. In questa fase, il gestore richiede
l'intervento di squadre esterne dei VVF, informa l'AP e gli altri soggetti
individuati nel PEE. L'AP assume il coordinamento della gestione
dell'emergenza al fine di consentire un'attivazione preventiva delle
strutture, affinché si tengano pronte a intervenire in caso di evoluzione
di un evento incidentale.
- ALLARME - EMERGENZA ESTERNA ALLO
STABILIMENTO Si instaura uno stato di «allarme» quando l'evento
incidentale richiede, per il suo controllo nel tempo, l'ausilio dei VVF e,
fin dal suo insorgere o a seguito del suo sviluppo incontrollato, può
coinvolgere, con i suoi effetti infortunistici, sanitari ed inquinanti, le
aree esterne allo stabilimento. Tali circostanze sono relative a tutti
quegli eventi che possono dare origine esternamente allo stabilimento a
valori di irraggiamento, sovrapressione e tossicità superiori a quelli
solitamente presi a riferimento per la stima delle conseguenze (DM 9
maggio 2001). In questa fase, si ha l'intervento di tutti i soggetti
individuati nel PEE.
- CESSATO ALLARME La procedura di
attivazione del cessato allarme è assunta dall'AP, sentite le strutture
operative e gli amministratori locali, quando è assicurata la messa in
sicurezza del territorio e dell'ambiente.
VI.5 LE
COMUNICAZIONI
I flussi comunicativi previsti contestualmente
all'attivazione del PEE sono: - comunicazione dell'evento incidentale
dal gestore ai VVF e all'AP; - comunicazione tra la struttura h24 (sala
operativa) e gli altri soggetti previsti nel PEE; - comunicazioni dal
Sindaco alla popolazione residente nelle aree a rischio per informare
dell'evento incidentale in corso ed eventualmente per diramare l'ordine di
"rifugio al chiuso" o "evacuazione"; - comunicazione dell'AP alle
Amministrazioni Centrali.
Le comunicazioni tra i soggetti
interessati avvengono con tutti i mezzi tecnologici più avanzati a
disposizione prevedendo, altresì, situazioni di difficoltà per mancanza
dei servizi essenziali.
VI.6 GESTIONE
POST-EMERGENZA
Controllo sulla qualità ambientale e ripristino
dello stato di normalità Il monitoraggio sulla qualità ambientale
prosegue anche dopo il cessato allarme di qualsiasi livello in quanto la
zona incidentale deve essere sottoposta a continue verifiche per stabilire
il decadimento dei livelli di inquinamento e quindi il ripristino dello
stato di normalità.
VII INFORMAZIONE ALLA
POPOLAZIONE
La necessità di inserire nel PEE una Sezione
riguardante l'informazione alla popolazione nasce dall'esigenza di
completare il quadro delle azioni che devono essere realizzate dalle
Autorità pubbliche locali in merito agli interventi di prevenzione del
rischio e di mitigazione delle conseguenze. È bene che in questa
Sezione siano riportate tutte le iniziative promosse sul territorio per
informare e far conoscere al pubblico le caratteristiche dei rischi e i
comportamenti da adottare. Sarà così possibile ottenere un PEE completo
in tutte le sue parti che favorirà la gestione dell'emergenza, rendendo la
risposta efficace ed efficiente.
Campagna informativa
preventiva
Il Sindaco predispone le campagne informative
preventive per la popolazione e, se necessario, anche per le attività
commerciali e produttive presenti nelle aree a rischio. Le informazioni
divulgate nel corso delle campagne informative sono reperite nella Scheda
informativa di cui all'all. V del D.Lgs. 334/1999 e, qualora le notizie
fossero insufficienti, possono essere richieste direttamente al gestore
per una integrazione dei dati. A tal fine, il gestore deve fornire le
informazioni con spirito di collaborazione supportando adeguatamente il
Sindaco in questa specifica attività. Le modalità di divulgazione
dell'informazione sono a discrezione del Sindaco e possono far riferimento
a quanto stabilito nelle "Linee Guida per l'informazione alla popolazione"
pubblicate nel 1995 dal Dipartimento della Protezione Civile, in corso di
aggiornamento.
Riproduzione della scheda informativa di cui
all'allegato V del D. Lgs. 334/1999
La scheda informativa
riportata nell'All. V del D.Lgs. 334/1999 è composta di nove sezioni di
cui le prime sette sono rese pubbliche dal Sindaco del Comune ove è
ubicato lo stabilimento a rischio di incidente rilevante. La scheda
deve contenere tutte le notizie riguardanti lo stabilimento, il processo
produttivo, le sostanze pericolose trattate e/o stoccate, le
caratteristiche di esse, gli eventi incidentali possibili, gli effetti di
questi sull'uomo e sull'ambiente nonché i sistemi di prevenzione e le
misure di protezione da adottare. In sede di pianificazione è opportuno
che il Sindaco, unitamente all'AP, valuti i contenuti della scheda in
ordine agli scenari incidentali trattati nel PEE al fine di integrare,
aggiornare o modificare le notizie già divulgate, eventualmente
richiedendo al gestore anche la riformulazione della predetta scheda. E'
necessario, infine, che siano programmate esercitazioni per verificare la
conoscenza del PEE e il livello di consapevolezza della popolazione nei
confronti del rischio di incidente rilevante.
Il messaggio
informativo preventivo e in emergenza
Un'adeguata informazione
preventiva rende la popolazione consapevole delle misure di autoprotezione
da adottare e dei comportamenti da assumere in caso di evento incidentale.
La validità della campagna informativa si misura in termini di capacità
della popolazione a collaborare con i soccorritori e a recepire
correttamente il messaggio d'emergenza stabilito nel corso della campagna
preventiva. È quindi necessario, in sede di pianificazione, stabilire i
contenuti del messaggio da inoltrare in emergenza e le modalità con le
quali dovrà essere diffuso.
VIII RIEPILOGO DELLE FUNZIONI MINIME
DEI SOGGETTI COINVOLTI IN EMERGENZA
Di seguito sono riportate
le funzioni minime dei principali soggetti che intervengono nella gestione
delle emergenze di natura industriale. Ciò non esclude che l'AP possa
individuare altre strutture idonee a fronteggiare l'emergenza e a
collaborare con i soccorsi locali. Oltre all'elenco descrittivo dei
compiti in emergenza, è opportuno che nel PEE sia riportata anche una
sintesi delle comunicazioni e delle responsabilità operative in forma
schematica, in modo da consentire, in fase di gestione, dell'emergenza una
consultazione rapida ed efficace.
IL GESTORE
In caso di
evento incidentale: - attiva il PEI; - informa l'AP, il Sindaco,
il Comando Provinciale dei VVF, il Presidente della Giunta Regionale e il
Presidente dell'Amministrazione Provinciale del verificarsi dell'incidente
rilevante ai sensi dell'art. 24, comma 1 del D. Lgs. 334/1999; - segue
costantemente l'evoluzione dell'evento incidentale, aggiorna le
informazioni comunicando direttamente con l'AP e resta a disposizione dei
VVF.
AUTORITA' PREPOSTA (Prefetto: salve eventuali diverse
attribuzioni derivanti dall'attuazione dell'art.72 del D. Lgs. 112/1998 e
dalle normative per le province autonome di Trento e Bolzano e regioni a
statuto speciale) Ha competenza esclusiva per l'elaborazione del PEE
degli stabilimenti industriali a rischio di incidente rilevante soggetti
agli obblighi di cui all'art. 8 del D.Lgs. 334/1099.
In caso di
evento incidentale: - coordina l'attuazione del PEE in relazione ai
diversi livelli di allerta; - acquisisce dal gestore e da altri
soggetti (da specificare nel PEE) ogni utile informazione in merito
all'evento in corso; - informa gli Organi centrali (Dipartimento della
Protezione Civile, il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del
Territorio, il Ministero dell'Interno) e i prefetti delle province
limitrofe (art. 24 c. 2 D. Lgs. 334/1999), nonché i sindaci dei comuni
limitrofi; - acquisisce i dati concernenti le condizioni meteo locali
avvalendosi delle stazioni meteo presenti sul territorio, dei centri
regionali funzionali, laddove operativi, e del Dipartimento della
Protezione Civile; - assicura l'attivazione dei sistemi di allarme per
le comunicazioni alla popolazione e ai soccorritori; - dispone che gli
organi preposti effettuino la perimetrazione delle aree che hanno subito
l'impatto dell'evento incidentale; - valuta e decide con il Sindaco le
misure di protezione da far adottare alla popolazione in base ai dati
tecnico-scientifici forniti dagli organi competenti o dalle funzioni di
supporto; - sentiti il Sindaco interessato e gli organi competenti,
dirama comunicati stampa/radio; - accerta che siano state realizzate le
misure di protezione collettiva; - valuta la necessità di adottare
provvedimenti straordinari in materia di viabilità e trasporti; -
valuta costantemente con il Sindaco, sentiti gli organi competenti,
l'opportunità di revocare lo stato di emergenza esterna e dichiara il
cessato allarme; - richiede che siano avviati i provvedimenti di
ripristino e disinquinamento dell'ambiente.
VIGILI DEL
FUOCO Le strutture territoriali del CNVVF collaborano con l'AP in
fase di predisposizione, attuazione e sperimentazione del PEE. Il CNVVF
svolge attività di formazione sia con le strutture centrali che con quelle
periferiche, in linea con i propri compiti istituzionali, e attua il
monitoraggio dei dati sulle attività a rischio di incidente
rilevante.
In caso di evento incidentale: - ricevono dal
gestore l'informazione sul preallertamento e la richiesta di allenamento
secondo quanto previsto nel PEI; - svolgono le operazioni di soccorso e
si raccordano con l'AP secondo quanto previsto dal PEE.
IL
SINDACO Assicura l'informazione alla popolazione ai sensi dell'art.
22 comma 4 del D.Lgs.334/99, e l'individuazione delle aree di ricovero.
Collabora con l'AP nella fase preparatoria del PEE per organizzare
l'evacuazione assistita.
In caso di evento incidentale: -
attiva le strutture comunali operative di protezione civile (Polizia
Municipale, Ufficio Tecnico, Volontariato, ecc.) secondo le procedure
stabilite nel PEE e nei piani predisposti dalle funzioni di supporto; -
informa la popolazione sull'evento incidentale e comunica le misure di
protezione da far adottare per ridurre le conseguenze; - dispone
l'utilizzo delle aree di ricovero per la popolazione eventualmente
evacuata; - predispone il trasporto della popolazione evacuata; -
segue l'evoluzione della situazione e informa la popolazione della revoca
dello stato di 'emergenza esterna'; - in caso di cessata emergenza
esterna si adopera per il ripristino delle condizioni di normalità e in
particolare per l'ordinato rientro della popolazione presso le
abitazioni;
POLIZIA MUNICIPALE In caso di evento
incidentale: - predispone e presidia i cancelli; - coadiuva la
Polizia stradale nel controllo dei blocchi stradali; - presidia i
percorsi alternativi individuati nel PEE, garantendo un regolare flusso
dei mezzi di soccorso.
LE FORZE DI POLIZIA Sono
individuate ai sensi dell'art.16 della Legge 121/1981. A queste possono
unirsi, in caso di necessità, le Forze Armate nella gestione
dell'emergenza.
In caso di evento incidentale: - svolgono
compiti operativi connessi alla gestione e controllo dei flussi nelle aree
interessate dall'emergenza, anche ai fini del mantenimento dell'ordine
pubblico.
ASL Contribuisce all'individuazione dei sistemi
di protezione sanitaria per la popolazione residente nelle zone a
rischio.
In caso di evento incidentale: - invia il
personale tecnico che si raccorda con l'AP secondo quanto previsto dal PEE
per una valutazione della situazione; - informa le unità ospedaliere
locali e quelle delle zone limitrofe sugli aspetti sanitari dell'evento
incidentale; - provvede, in collaborazione con l'Agenzia Regionale o
Provinciale per la Protezione Ambientale (ARPA o APPA), ad effettuare
analisi, rilievi e misurazioni finalizzate all'identificazione delle
sostanze coinvolte ed alla quantificazione del rischio sulle matrici
ambientali (aria, acqua, suolo); - fornisce, sentite le altre autorità
sanitarie, i dati relativi all'entità e l'estensione del rischio per la
salute pubblica.
IL 118 Acquisisce le informazioni
necessarie per individuare farmaci, antidoti e attrezzature per
contrastare gli effetti sanitari degli eventi incidentali.
In
caso di evento incidentale: - invia il personale che si raccorda
con l'AP secondo quanto previsto dal PEE per effettuare il soccorso
sanitario urgente.
L'AGENZIA REGIONALE O PROVINCIALE PER LA
PROTEZIONE AMBIENTALE (ARPA o APPA) È l'ente preposto
all'acquisizione, elaborazione, diffusione di dati ed informazioni e di
previsioni sullo stato delle componenti ambientali acque (superficiali e
di falda), aria e suoli soggetti ad agenti contaminanti causati da un
evento incidentale. L'attività dell'ente si esplica, pertanto,
contestualmente all'evento e nelle fasi successive, con operazioni di
monitoraggio programmato, di concerto con le altre autorità
competenti.
In caso di evento incidentale: - fornisce
supporto tecnico, nella fase di emergenza, sulla base della conoscenza dei
rischi associati agli stabilimenti, derivante dalle attività di analisi
dei rapporti di sicurezza e dall'effettuazione dei controlli; -
effettua ogni accertamento ritenuto necessario sullo stato dell'ambiente
nella zona interessata dall'evento, nonché analisi chimiche e/o fisiche
per valutare l'evoluzione della situazione di emergenza nelle zone più
critiche; - fornisce e acquisisce tutte le informazioni sulle sostanze
coinvolte; - trasmette direttamente all'AP le risultanze delle analisi
e delle rilevazioni richieste; - fornisce supporto circa le azioni da
intraprendere a tutela della popolazione e dei luoghi dove si è verificato
l'evento.
VOLONTARIATO Le Organizzazioni di Volontariato
di cui al D.P.R. 194/2001, nel rischio industriale, possono essere
utilizzate solo se: - le loro attività si svolgono al di fuori delle
aree denominate di sicuro impatto e di danno, - il personale delle
stesse è adeguatamente equipaggiato e formato per le attività ad esse
deputate nell'ambito della gestione dell'emergenza esterna. La formazione
e l'addestramento periodico dei volontari sono progettati e gestiti
esclusivamente dalle autorità competenti in materia di rischio di
incidente rilevante e di protezione civile. Le Organizzazioni di
Volontariato possono partecipare alle esercitazioni sul rischio
industriale.
In caso di evento incidentale, le funzioni
delle organizzazioni di Volontariato potrebbero essere: - supporto alle
Forze dell'Ordine per il controllo del traffico esterno alla zona
dell'evento incidentale; - assistenza alla popolazione in caso di
evacuazione o di momentaneo allontanamento dalle proprie abitazioni verso
i centri di raccolta.
REGIONE Le regioni, nell'ambito
dell'intesa prevista dall'art. 20, comma 1 del D. Lgs. 334/1999,
partecipano alla predisposizione del PEE anche fornendo orientamenti
desunti dalla gestione del territorio nonché dati e informazioni sui
rischi presenti sul territorio e, in particolare, sulla sovrapposizione
dei rischi naturali con quelli antropici.
ALLEGATO 1 -
METODO SPEDITIVO PER L'INDIVIDUAZIONE DELLE AREE A RISCHIO (DA
UTILIZZARE IN TOTALE ASSENZA DI DATI DEL GESTORE)
Il metodo
speditivo, di seguito illustrato, è un aggiornamento e una semplificazione
di quello pubblicato il 18 gennaio 1994 dalla Presidenza del Consiglio dei
Ministri - Dipartimento della Protezione Civile - nelle "Linee guida per
la pianificazione di emergenza esterna per impianti industriali a rischio
di incidente rilevante". È un metodo utilizzato per la pianificazione
dell'emergenza esterna degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante
con il quale si individuano le due zone a rischio, denominate di
"sicuro impatto e di danno", contigue allo stabilimento industriale
e sulle quali possono ricadere gli effetti dannosi di un evento
incidentale. Il calcolo della terza zona detta di attenzione non
è previsto direttamente dal metodo speditivo poiché, come descritto nel
capitolo V - Scenario incidentale - Delimitazione delle zone a rischio -
essa riveste importanza - solo nel caso in cui si considerano gli effetti
acuti sull'uomo in relazione a scenari di dispersione atmosferica di
rilasci tossici e qualora nel territorio di interesse siano presenti
centri sensibili. In tal caso, infatti, possono essere necessarie azioni
miranti da un lato a verificare il grado di tutela necessario per la
popolazione a rischio e dall'altro a evitare reazioni possibili di panico,
anche in assenza di reale pericolo per la salute degli esposti. Quale
semplice indicazione orientativa si consiglia in assenza di valutazioni
più specifiche9 di assumere una misura per calcolare la
terza zona pari almeno a quella individuata per la seconda
zona. Il PEE è predisposto sulla base delle informazioni fornite dal
gestore dello stabilimento e/o di quelle contenute nel Rapporto di
Sicurezza (RdS), validato dal CTR, al fine di mitigare e ridurre i danni
conseguenti ad un'emergenza chimica. Soltanto in assenza di tali dati si
ricorre all'utilizzo del presente Metodo Speditivo. La principale
modifica apportata alla precedente edizione del 1994 riguarda il numero
delle sostanze contemplate che oggi comprende tutte quelle riportate
nell'Allegato I- parti 1 e 2 del D.Lgs. 334/99; non sono stati invece
variati né il termine "sorgente del rilascio" per rappresentare un evento
di entità di gravità medio-alta né, con riferimento alle dispersioni
atmosferiche, le classi di stabilità (D5 e F2)10 in cui si
presume possa evolvere lo scenario incidentale. Tra gli aggiornamenti
effettuati si evidenzia che i risultati dei calcoli con i quali si
determina la distanze della seconda zona detta di danno in caso di
rilascio tossico possono risultare diversi rispetto al precedente metodo
speditivo in quanto sono variati alcuni parametri tossicologici riferiti a
LC50 e IDLH delle sostanze pericolose. Allo stato attuale il metodo
speditivo non contiene indicazioni specifiche per la classificazione di
pericolosità per l'ambiente della sostanza o delle categorie di sostanze
presenti in uno scenario di contaminazione di terreni e, soprattutto, di
acque. Le considerazioni che hanno condotto a questa determinazione
tengono conto del fatto che la valutazione, ancorchè semplificata, di
questi scenari presenta numerosi ostacoli che renderebbero meno che
indicative eventuali determinazioni eseguite, come avviene per un metodo
speditivo, in assenza di conoscenze di dettaglio. Si citano, a titolo di
esempio: l'assenza di valori consolidati di concentrazione di riferimento
per la contaminazione delle acque, la grande variabilità dei parametri di
permeabilità dei terreni che non permette una loro classificazione
semplice ma rappresentativa e la notevolissima dipendenza della gravità
della contaminazione, anche a parità di termine sorgente, dalla presenza o
meno di corpi idrici superficiali o falde sotterranee. Fondamentale è
la valutazione del tempo di arrivo di un rilascio tossico nelle acque
superficiali, in falda e nelle acque sotterranee; uno spazio temporale
breve (ore) configura un serio rischio di contaminazione. Si evidenzia
inoltre che le zone a rischio, in caso di dispersione, sono rappresentate
graficamente come un settore circolare con apertura pari a 1/10 del
cerchio avente come raggio le distanze calcolate per ciascuna zona. In
caso di incendio o di esplosione si considera un'area
circolare.
_____________
9 Le valutazioni
quantitative correntemente utilizzate anche in campo internazionale fanno
sovente riferimento al LOC (Level of Concern) inteso pari ad 1/10 del
IDLH, sempre quando non si vogliano o non si possano utilizzare altri
parametri di confronto (soglia odorigena, ERPG-1,
ERPG-2,..) 10 Classi di stabilità atmosferica secondo
Pasquill
A. condizioni estremamente instabili B. condizioni
moderatamente instabili C. condizioni leggermente instabili |
D. condizioni neutre (1) E. condizioni
leggermente stabili F. condizioni moderatamente stabili |
Velocità del vento a 10 m. dal suolo |
Giorno |
Notte(2) |
Insolazione |
Nuvolosità < 3/8 3 |
Copertura sottile o > 4/8 3 |
(m/s) |
forte |
moderata |
leggera |
|
|
<2 |
A |
A-B |
B |
- |
- |
2 |
A-B |
B |
C |
E |
F |
4 |
B |
B-C |
C |
D |
E |
6 |
C |
C-D |
D |
D |
D |
>6 |
C |
D |
D |
D |
D |
1. La condizione D vale per qualsiasi vento quando il
cielo è coperto da un notevole spessore di nubi e nell'ora
che precede e che segue la notte. 2. La notte è intesa come il
periodo che va da un ora prima del tramonto a un ora dopo il sorgere
del sole. 3. Frazione di cielo sopra l'orizzonte coperto da
nuvole |
_____________
GUIDA ALL'USO Il metodo speditivo è
riportato nella Tab. 3 che è composta di 7 COLONNE così
suddivise:
COLONNA 1 |
indica la sostanza pericolosa e/o la famiglia di sostanze, ai
sensi del D.Lgs. 334/99, per le quali si intende applicare il
metodo speditivo; |
COLONNA 2 |
indica lo stato fisico in cui si trovano le sostanze pericolose
e/o la categoria di sostanze (solido, liquido, gassoso) quando si
verifica l'incidente; esse possono essere anche in miscela con
altre sostanze. |
COLONNA 3 |
indica la tipologia di utilizzo nello stabilimento della
sostanza pericolosa e/o della famiglia di sostanze alla quale si
intende fare riferimento. Di norma l'utilizzo in processo implica
l'assenza di contenimento di eventuali rilasci. |
COLONNA 4 |
indica l'evento incidentale quale un'esplosione, incendio o
rilascio tossico per l'uomo e per l'ambiente; |
COLONNA 5 |
indica le fasce di riferimento, espresse con le lettere A, B, C,
D, E, F, G, H, X per determinare la distanza "di sicuro
impatto" in funzione della quantità massima (espressa in
tonnellate) di sostanza presente nell'unità di impianto. Per
ottenere la fascia di riferimento si interseca la riga
corrispondente alla sostanza o famiglia di sostanze individuata
con la colonna della quantità che esprime un intervallo.
La lettera ottenuta esprime una categoria di effetti ricadenti su
un'estensione indicata da un intervallo espresso in metri (vd.
Tab.1) entro il quale individuare con una interpolazione lineare
(vd. Tab. 2) la distanza esatta con la quale si determina
la prima zona "di sicuro impatto". |
Tab.1 Categorie degli effetti
Categoria |
Intervallo (m) |
- |
Indica che l'estensione territoriale degli effetti è
trascurabile |
A |
0 - 25 |
B |
25 - 50 |
C |
50 - 100 |
D |
100 - 200 |
E |
200 - 500 |
F |
500 - 1000 |
G |
1000 - 3000 |
H |
3000 - 10000 |
X |
Indica una combinazione sostanza/quantità non
riscontrabile nella normale pratica |
Tab. 2 Distanza di sicuro
impatto
MINF+(MSUP-MINF)X[(QTOT-QINF)/(QSUP-QINF)] MINF
= estremo inferiore della fascia di riferimento MSUP =
estremo superiore della fascia di riferimento QTOT =
quantità effettiva di sostanza presente nell'unità di
impianto QSUP = estremo superiore della
quantità QINF = estremo inferiore della
quantità
COLONNA 6 |
SDD = Seconda Distanza di Danno - indica il valore con cui
moltiplicare la distanza esatta della prima zona "di sicuro
impatto" per ottenere la distanza esatta della seconda zona "di
danno". |
COLONNA 7 |
indica il valore con il quale moltiplicare le distanze esatte
"di sicuro impatto" e "di danno" per ottenere le stesse distanze
in condizioni meteoclimatiche F2. |
[(Segue
tabella in formato pdf da pag. 36 a pag. 52)(582
Kb)]
DISPERSIONE DI PRODOTTI TOSSICI DI
COMBUSTIONE27
Analogamente a quanto visto per le
sostanze e/o famiglie di sostanze anche per i prodotti tossici di
combustione si applica la stessa procedura per la valutazione della prima
distanza detta di sicuro impatto e per la seconda detta di danno. La
valutazione del fattore SDD e di quello per la trasposizione da classe D5
a F2 segue quanto indicato dal DM 5 novembre 1997 concernente la modalità
di presentazione e di valutazione dei rapporti di sicurezza degli scali
merci terminali di ferrovia. È di seguito riportata la tabella 4 che
consente di determinare in base alle quantità di sostanze coinvolte e alla
tipologia di fumi considerati la distanza di sicuro impatto e di danno
come indicato nella Guida all'uso.
__
![]() __
ESEMPIO APPLICATIVO 1 - Dato un
serbatoio per lo stoccaggio di cloro contenente 300 tonnellate di sostanza
in condizioni liquefatte calcolare la prima e seconda distanza (sicuro
impatto e danno) in condizioni D5 e F2 a seguito di un rilascio tossico
della sostanza con effetti nocivi per la popolazione.
Si
procede consultando la tabella del Metodo Speditivo individuando nelle
prime 4 colonne rispettivamente la sostanza in esame (colonna 1: Cloro),
le caratteristiche (colonna 2: gas liquefatto), la tipologia di
lavorazioni svolte (colonna 3: in questa caso senza alcuna specificazione)
e l'evento per cui si calcola lo scenario (colonna 4: rilascio tossico con
effetti di tossicità per l'uomo: nella colonna indicato con TU). A questo
punto si passa alla colonna 5 individuando l'intervallo in cui cade la
quantità di sostanza in esame. L'intersezione della colonna delle fasce di
riferimento con la riga contenente il caso in esame (Cloro, gas
liquefatto, TU = tossicità verso l'uomo) individua la lettera
corrispondente alla categoria di effetti (F).
__
![]() __
A questo punto
utilizzando la tabella relativa alle categorie degli effetti (pag.
21) individuiamo in corrispondenza della lettera F la fascia 500-1000
metri entro cui si deve individuare la distanza esatta per ottenere quella
di sicuro impatto:
Tabella 1 - Categorie degli effetti
Categoria |
Fascia di riferimento (metri) |
- |
Indica che l'estensione territoriale degli effetti è
trascurabile |
A |
0 - 25 |
B |
25 - 50 |
C |
50 - 100 |
D |
100 - 200 |
E |
200 - 500 |
F |
500 - 1000 |
G |
1000 - 3000 |
H |
3000 - 10000 |
X |
Indica una combinazione sostanza/quantità non
riscontrabile nella normale pratica |
applicando l'espressione contenuta nella tabella 2 pag. 21
otteniamo la distanza esatta relativa alla prima zona di sicuro impatto in
cui si hanno effetti di elevata letalità per l'uomo:
Distanza di
sicuro impatto =
MINF+(MSUP-MINF)x[(QTOT-QINF)/(QSUP-QINF)]
Andando
a sostituire i valori corrispondenti si ha:
(300 t - 200 t) Distanza sicuro impatto = 500 m + (1000 m - 500 m) * --------------- = 562.5 m
(1000 t - 200 t)
Nella riga corrispondente alla sostanza in esame individuata
tramite la tabella del metodo speditivo prendiamo nota anche dei fattori
SDD e F." che ci serviranno per i successivi calcoli. Moltiplicando la
distanza di sicuro impatto e pari a 562.5 m per il SDD (pari a 4.2)
si ottiene la distanza esatta di danno pari a 2.362,5 m Ora si
calcolano le distanze per la classe meteo F2 moltiplicando le due distanza
individuate per la classe meteo D5 rispettivamente per il fattore F2
trovato precedentemente in tabella 3 (pari a 4).
I distanza per la
classe F2 = 562.5 x 4 = 2250 m II distanza per la classe F2 = 2362.5 x
4 = 9450 m
Riepilogando le distanze per le due classi meteo D5 e F2
risultanti da un rilascio di 300 t di cloro liquefatto in un impianto di
sono riportate nella tabella sottostante.
Classe meteo |
I distanza (m) |
II distanza (m) |
D5 |
562.5 |
2362.5 |
F2 |
2250 |
9450 |
Esempio applicativo 2 - Dato uno stoccaggio di nitrato di
ammonio contenente 100 tonnellate di sostanza mantenuta in contenitori
separati, calcolare la prima e seconda di stanza in condizioni D5 e F2
ipotizzando uno scenario riguardante un'esplosione.
Si procede
alla consultazione della tabella del Metodo speditivo individuando nelle
prime 4 colonne rispettivamente la sostanza in esame (colonna 1: Nitrato
d'ammonio), le caratteristiche (colonna 2: solido), la tipologia di
lavorazioni svolte (colonna 3: in contenitori separati) e l'evento per cui
si calcola lo scenario (colonna 4: esplosione). Nella parte riservata alle
fasce di riferimento e categorie evidenziate nella tabella col bordo più
scuro si individua la colonna in cui ricade la quantità di sostanza per
cui si calcolano le distanze di danno, in questo caso 100 tonnellate. Lo
scenario, come già detto, cui si fa riferimento è l'esplosione del nitrato
detenuto in contenitori separati e l'intersezione della colonna delle
fasce di riferimento con la riga contenente il caso in esame danno la
lettera corrispondente alla categoria di effetti, in questo caso
C.
__
![]() __
A questo punto utilizzando la tabella delle
categorie degli effetti (pag. 21) individuiamo in corrispondenza della
lettera C la fascia 50-100 metri entro cui si deve individuare la distanza
esatta per ottenere quella di sicuro impatto:
Tabella 1 -
Categorie degli effetti
Categoria |
Fascia di riferimento (metri) |
- |
Indica che l'estensione territoriale degli effetti è
trascurabile |
A |
0 - 25 |
B |
25 - 50 |
C |
50 - 100 |
D |
100 - 200 |
E |
200 - 500 |
F |
500 - 1000 |
G |
1000 - 3000 |
H |
3000 - 10000 |
X |
Indica una combinazione sostanza/quantità non
riscontrabile nella normale pratica |
applicando l'espressione contenuta nella tab. 2 a pagina 21
otteniamo la distanza esatta relativa alla prima zona di sicuro impatto in
cui si hanno effetti di elevata letalità per l'uomo:
Distanza di
sicuro impatto =
MINF+(MSUP-MINF)x[(QTOT-QINF)/(QSUP-QINF)]
Andando
a sostituire i valori corrispondenti si ha:
(100 t - 50 t) Distanza sicuro impatto = 50 m + (100 m - 50 m) * -------------- = 66 m
(200 t - 50 t)
Nella riga corrispondente alla sostanza in esame individuata
tramite la tabella del metodo speditivo prendiamo nota anche dei fattori
SDD e F.2 che ci serviranno per i successivi calcoli. Moltiplicando la
distanza di sicuro impatto pari a 66m per il SDD (pari a 2) si ottiene la
distanza esatta di danno è pari a 132 m. Stante le
caratteristiche dell'esplosione considerata, le condizioni meteorologiche
non hanno alcun effetto come risulterebbe peraltro dall'utilizzo del
fattore F.2 che ha valore unitario.
ALLEGATO 2 - LE
FUNZIONI DI SUPPORTO
Si riportano di seguito le funzioni di
supporto, individuate dal Metodo Augustus, con le osservazioni in corsivo
per il rischio industriale. Queste funzioni sono state integrate, per
questa tipologia di rischio, dalla funzione n.15 relativa alla protezione
dell'ambiente.
1 - TECNICA E DI PIANIFICAZIONE |
Questa funzione comprende i Gruppi Nazionali di ricerca ed i
Servizi Tecnici nazionali e locali. Il referente sarà il
rappresentante del Servizio Tecnico del comune o del Genio Civile
o del Servizio Tecnico Nazionale28, prescelto già in
fase di pianificazione; dovrà mantenere e coordinare tutti i
rapporti tra le varie componenti scientifiche e tecniche per
l'interpretazione fisica del fenomeno e dei dati relativi alle
reti di monitoraggio. |
2 - SANITÀ, ASSISTENZA SOCIALE E VETERINARIA |
Saranno presenti i responsabili del Servizio Sanitario locale,
la C.R.I., le Organizzazioni di volontariato che operano nel
settore sanitario. In linea di massima il referente sarà il
rappresentante del Servizio Sanitario Locale. N.B. Per il
rischio industriale, particolare cura dovrebbe essere prestata
a divulgare una informativa agli ospedali locali per far
conoscere a priori il possibile scenario incidentale e le
sostanze che eventualmente potrebbero essere coinvolte
nell'incidente. Ciò permetterebbe una preparazione alla gestione
dell'emergenza in modo mirato dal punto di vista delle cure e
degli antidoti da somministrare ai feriti e agli
intossicati. Scopo di questa funzione è quella di attivare
l'organizzazione necessaria per la tipologia dell'evento
verificatosi. |
3 - MASS-MEDIA ED INFORMAZIONE |
La sala stampa dovrà essere realizzata in un locale diverso
dalla Sala Operativa. Sarà cura dell'addetto stampa stabilire il
programma e le modalità degli incontri con i giornalisti. Per
quanto concerne l'informazione al pubblico sarà cura dell'addetto
stampa, coordinandosi con i sindaci interessati, procedere alla
divulgazione della notizia per mezzo dei mass-media. Scopi
principali sono: • informare e sensibilizzare la
popolazione; • far conoscere le attività; • realizzare spot,
creare annunci, fare comunicati; • organizzare tavole rotonde e
conferenze stampa. N B. Per il rischio industriale, questa
funzione risulta particolarmente delicata e deve essere
organizzata dall'AP già in sede di pianificazione. Inoltre, si
ricorda che, ai sensi del D.Lgs. 334/1999, è prevista la
divulgazione dell'informazione preventiva e in emergenza alla
popolazione da parte del sindaco sulla base della
scheda informativa per la popolazione di cui all'allegato V dello
stesso decreto. |
4 - VOLONTARIATO |
I compiti delle Organizzazioni di volontariato, in emergenza,
vengono individuati nei piani di protezione civile in relazione
alla tipologia del rischio da affrontare, alla natura ed alla
specificità delle attività esplicate dalle Organizzazioni e dai
mezzi a loro disposizione. Pertanto, in Sala Operativa, prenderà
posto il coordinatore indicato nel piano di protezione civile che
avrà il compito di mantenere i rapporti con la consulta provinciale
per il volontariato. Il coordinatore provvederà, in «tempo di
pace», ad organizzare esercitazioni congiunte con altre forze
preposte all'emergenza al fine di verificare le capacità
organizzative ed operative delle suddette Organizzazioni. N.B.
Per il rischio industriale, presupposto essenziale per la
partecipazione del Volontariato all'emergenze di natura chimica è
il grado di qualificazione e specializzazione tecnica
del personale che deve operare munito dei Dispositivi di
Protezione Individuale di legge e secondo i criteri individuati
alla sezione II |
5 - MATERIALI E MEZZI |
La funzione di supporto in questione è essenziale e primaria per
fronteggiare una emergenza di qualunque tipo. Questa funzione
censisce i materiali ed i mezzi in dotazione alle amministrazioni;
sono censimenti che debbono essere aggiornati costantemente per
passare così dalla concezione del "censimento" delle risorse alla
concezione di "disponibilità" delle risorse. Si tratta di avere un
quadro delle risorse suddivise per aree di stoccaggio. Per
ogni risorsa si deve prevedere il tipo di trasporto ed il tempo di
arrivo nell'area dell'intervento. Alla gestione di tale funzione
concorrono i materiali e mezzi comunque disponibili. Nel caso in
cui la richiesta di materiali e/o mezzi non possa essere
fronteggiata a livello locale, il coordinatore rivolgerà
richiesta a livello centrale. N B. Per il rischio industriale,
questa funzione deve verificare la disponibilità o
reperibilità (anche attraverso convenzioni) dei materiali e mezzi
specifici per i singoli eventi incidentali. |
6 - TRASPORTO, CIRCOLAZIONE E VIABILITA' |
La funzione riguardante il trasporto è strettamente collegata
alla movimentazione dei materiali, al trasferimento dei mezzi, ad
ottimizzare i flussi lungo le vie di fuga ed al funzionamento dei
cancelli di accesso per regolare il flusso dei soccorritori. Questa
funzione di supporto deve necessariamente operare a stretto
contatto con il responsabile della funzione 10, "Strutture
Operative". Per quanto concerne la parte relativa all'attività di
circolazione e viabilità il coordinatore è normalmente il
rappresentante della Polstrada o suo sostituto; concorrono per
questa attività, oltre alla Polizia Stradale, i Carabinieri ed i
Vigili Urbani: i primi due per il duplice aspetto di Polizia
giudiziaria e di tutori della legge e gli altri per l'indiscussa
idoneità nella gestione della funzione in una emergenza a
carattere locale. Si dovranno prevedere esercitazioni congiunte
tra le varie forze al fine di verificare ed ottimizzare l'esatto
andamento dei flussi lungo le varie direttrici. N.B. Per il
rischio industriale, le forze dell'ordine devono essere informate
sulla posizione dei cancelli e dei blocchi, evidenziando che
l'evoluzione degli eventi incidentali di natura tossicologica può
modificare l'attuazione degli stessi. |
7 - TELECOMUNICAZIONI |
Questa funzione dovrà, di concerto con il responsabile
territoriale delle aziende di telecomunicazioni, con il
responsabile provinciale P.T. con il
rappresentante dell'associazione di radioamatori presente sul
territorio, organizzare una rete di telecomunicazione alternativa
affidabile anche in caso di evento di notevole gravità. Il
responsabile di questa funzione è normalmente un esperto di
telecomunicazioni. |
8 - SERVIZI ESSENZIALI |
In questa funzione prenderanno parte i rappresentanti di tutti i
servizi essenziali erogati sul territorio coinvolto. Mediante
i Compartimenti Territoriali e le corrispondenti sale operative
nazionali o regionali deve essere mantenuta costantemente
aggiornata la situazione circa l'efficienza e gli interventi
sulla rete. L'utilizzazione del personale addetto al
ripristino delle linee e/o delle utenze è comunque coordinata dal
rappresentante dell'Ente di gestione presente nella
funzione. |
9 - CENSIMENTO DANNI A PERSONE E COSE |
L'effettuazione del censimento dei danni a persone e cose
riveste particolare importanza al fine di fotografare la
situazione determinatasi a seguito dell'evento calamitoso per
determinare sulla base dei risultati riassunti in schede
riepilogative gli interventi d'emergenza. Il responsabile
della suddetta funzione, al verificarsi dell'evento calamitoso,
dovrà effettuare un censimento dei danni riferito a: •
persone • edifici pubblici • edifici privati • impianti
industriali • servizi essenziali • attività produttive •
opere di interesse culturale • infrastrutture pubbliche •
agricoltura e zootecnia Per il censimento di quanto descritto il
coordinatore di questa funzione si avvarrà di funzionari
dell'Ufficio Tecnico del Comune o del Genio Civile e di esperti
del settore sanitario, industriale e commerciale. E'
ipotizzabile l'impiego di squadre miste di tecnici per le verifiche
speditive di stabilità che dovranno essere effettuate in tempi
necessariamente ristretti. N.B. Vista l'evoluzione della
normativa in materia rischio di incidente rilevante, si evidenzia
che devono essere individuati anche i danni ambientali intesi
come inquinamento o degrado delle differenti matrici ambientali.
A tale scopo, ci si dovrà avvalere di esperti ambientali. |
10 - STRUTTURE OPERATIVE S.a.R. (search and
rescue-ricerca e salvataggio) |
Il responsabile della suddetta funzione, dovrà coordinare le
varie strutture operative presenti presso il CCS e i
COM: • Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco • Forze
Armate • Forze dell'Ordine • Corpo Forestale dello Stato •
Servizi Tecnici Nazionali • Gruppi Nazionali di Ricerca
Scientifica • Croce Rossa Italiana • Strutture del Servizio
sanitario nazionale • Organizzazioni di volontariato • Corpo
Nazionale di soccorso alpino N.B. Anche in questo caso, come per
la funzione 9, la funzione dev'essere ampliata per il rispetto e
la salvaguardia dell'ambiente. |
11 - ENTI LOCALI |
In relazione all'evento il responsabile della funzione dovrà
essere in possesso della documentazione riguardante tutti i
referenti di ciascun Ente ed Amministrazioni della zona
interessata all'evento. Si dovranno anche organizzare gemellaggi fra
le Amministrazioni comunali colpite, le "municipalizzate" dei
comuni o delle regioni che portano soccorso per il ripristino
immediato dei servizi essenziali (riattivazione delle discariche,
acquedotto, scuole, servizi vari etc.). |
12 - MATERIALI PERICOLOSI |
Lo stoccaggio di materiali pericolosi, il censimento delle
industrie soggette a notifica e a dichiarazione o altre attività
pericolose che possono innescare ulteriori danni alla popolazione
dopo un evento distruttivo di varia natura, saranno preventivamente
censite e per ognuno studiato il potenziale pericolo che può
provocare alla popolazione. N.B. Per il rischio industriale,
questa funzione è già ricompresa nel PEE che contiene tutte le
informazioni necessarie alla gestione dell'emergenza, comprese le
caratteristiche delle sostanze e dei preparati potenzialmente
coinvolti negli eventi incidentali. |
13 - ASSISTENZA ALLA POPOLAZIONE |
Per fronteggiare le esigenze della popolazione che a seguito
dell'evento calamitoso risultano senza tetto o soggette ad altre
difficoltà, si dovranno organizzare in loco delle aree attrezzate
per fornire i servizi necessari. Dovrà presiedere questa funzione
un funzionario dell'Ente amministrativo locale in possesso di
conoscenza e competenza in merito al patrimonio abitativo, alla
ricettività delle strutture turistiche (alberghi, campeggi etc.)
ed alla ricerca e utilizzo di aree pubbliche e private da
utilizzare come aree di ricovero della popolazione. Per
quanto concerne l'aspetto alimentare si dovrà garantire un
costante flusso di derrate alimentari, il loro stoccaggio e la
distribuzione alla popolazione assistita. Si dovranno anche
censire a livello nazionale e locale le varie aziende di produzione
e/o distribuzione alimentare. N.B. Per il rischio industriale,
questa funzione rappresenta la parte più delicata per gestire nel
corso dell'emergenza eventuali situazioni di caos, panico e
quant'altro possa inficiare l'efficacia della risposta di
protezione civile. Le misure di autoprotezione da fare
adottare alla popolazione da parte del Sindaco per garantire una
riduzione delle conseguenze degli effetti dell'incidente devono
tenere conto delle caratteristiche del rilascio e
delle condizioni meteo-climatiche esistente al momento. I
sistemi di mitigazione delle conseguenze sono: - rifugio al
chiuso; - evacuazione assistita Se la popolazione, a
seguito dell'evento incidentale dovesse essere allontanata dalle
proprie abitazioni si dovranno organizzare strutture attrezzate
dove fornire ogni tipo di assistenza (psicologica, alimentare,
sanitaria, etc.). |
14 - COORDINAMENTO CENTRI OPERATIVI |
Il coordinatore della Sala Operativa che gestisce le 14 funzioni
di supporto, sarà anche responsabile di questa funzione in quanto
dovrà conoscere le operatività degli altri centri operativi
dislocati sul territorio, al fine di garantire nell'area
dell'emergenza il massimo coordinamento delle operazioni di
soccorso razionalizzando risorse di uomini e materiali. Con
l'attivazione delle 14 funzioni di supporto tramite i loro singoli
responsabili, si raggiungono due distinti obiettivi: si
individuano a priori i responsabili delle singole funzioni da
impiegare in emergenza e, in "tempo di pace", si garantisce il
continuo aggiornamento del piano di emergenza con l'attività
degli stessi responsabili. I responsabili delle 14 funzioni di
supporto avranno, quindi, la possibilità di tenere
sempre efficiente il piano di emergenza. Questo consente di avere
sempre nella propria sala operativa esperti che già si conoscono
e lavorano per il Piano di emergenza. Ciò porterà a una maggiore
efficacia operativa fra le "componenti" e le "strutture
operative" (amministrazioni locali, volontariato, FF.AA, Vigili
del Fuoco, etc.). Il responsabile della funzione 14 assumerà
anche il ruolo di coordinatore della Sala Operativa. N.B. Per il
rischio industriale il PEE è lo strumento con il quale sono
organizzate e coordinate tutte le attività volte a fronteggiare
l'incidente rilevante. |
15 - PROTEZIONE DELL'AMBIENTE |
Tale nuova funzione di supporto, non prevista nel Metodo
Augustus, è stata inserita al fine di distinguere le competenze e
le attività delle ARPA o APPA, in campo ambientale, da
quelle della funzione "Sanità, Assistenza Sociale e
Veterinaria". Anche il responsabile di questa funzione dovrà
essere designato dall'ente di appartenenza con atto
formale. Le attività e i compiti di questa funzione sono quelli
descritti nel riepilogo delle competenze ed in particolare: -
fornire supporto tecnico, nella fase di emergenza, sulla base della
conoscenza dei rischi associati agli stabilimenti, derivanti
dalle attività di analisi dei rapporti di sicurezza
e dall'effettuazione dei controlli; - svolgere le attività
finalizzate agli accertamenti ritenuti necessari sullo stato
dell'ambiente nella zona interessata dall'evento, nonché analisi
chimiche e/o fisiche per valutare l'evoluzione della situazione
di emergenza nelle zone più critiche; - acquisire le necessarie
informazioni sulle sostanze coinvolte; - trasmettere direttamente
all'AP le risultanze delle analisi e delle rilevazioni ambientali
da divulgare al Sindaco, ai VVF e al 118; - fornire supporto
nell'individuazione delle azioni da intraprendere a tutela della
popolazione e dei luoghi dove si è verificato l'evento. N.B.
La funzione 15 è correlata alla funzione 1 vista la crescente
attenzione che si deve dedicare all'ambiente. |
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28 Le funzioni del Servizio Tecnico
Nazionale sono state attribuite all'Agenzia per la Protezione
dell'Ambiente e per i Servizi Tecnici ai sensi dell'art. 38 del D.Lgs.
300/1999 e succ.
mod. ____________
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